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Rovigo
Alcuni reperti archeologici documentano la presenza di un insediamento di età romana all’interno dell’area occupata dall’attuale centro cittadino. Tuttavia nel territorio comunale o in aree immediatamente prossime, i primi insediamenti stabili risalgono al II millennio a.C. Un importante villaggio della tarda età del Bronzo (XII sec. a.C.), collegato alla cosiddetta “via dell’ambra”, è quello di Campestrin di Grignano Polesine. Nell’età del Ferro (VI e V a.C.), nell’area di Rovigo fu attivo un insediamento collegato all’etrusca Adria, come documenta la necropoli di loc. Balone. I materiali archeologici su citati sono conservati presso il Museo dei Grandi Fiumi di Rovigo.
Il primo documento storico sicuramente attendibile sulla città è dunque quello del 24 aprile 838, dove Rovigo viene definita in latino villa que nuncupatur Rodigo, ossia “borgo [rurale] detto Rodigo”. Nel 920 il vescovo di Adria Paolo Cattaneo fece costruire una fortificazione in questo borgo per trasferirvi temporaneamente la sede vescovile al riparo dalle scorrerie ungare. Questa prima fortificazione è completata nel 954. Gli Estensi erano presenti a Rovigo già nel 1117 e furono presumibilmente loro a promuovere l’ampliamento della fortificazione nel XII secolo, quando l’abitato di Rovigo si estendeva già su entrambi i lati dell’Adigetto, tombato nel 1937, che all’epoca era un vero e proprio fiume. Il maschio del castello, conosciuto come torre Donà, alto 66 metri è una delle più alte torri medievali italiane. Il dominio estense su Rovigo fu ufficializzato dall’Imperatore Enrico VI nel 1194, che ne nominò conte Azzo VI; a parte brevi parentesi, Rovigo rimase estense per quasi tre secoli. Il XV secolo fu tormentato per Rovigo e tutto il Polesine, conteso dalla Repubblica di Venezia che cominciava in quel periodo a espandersi verso la terraferma. Durante i fatti della Guerra del sale, i Veneziani entrarono definitivamente a Rovigo nel 1482, e a parte la parentesi della Lega di Cambrai (1508–1511) ne mantennero il dominio per circa tre secoli. Per imprimere l’impronta della repubblica, fu costruita in piazza Maggiore (l’attuale piazza Vittorio Emanuele II) la torre civica in cui fu trasferita la campana che aveva suonato nel maschio del castello; nel 1519 fu innalzata anche la colonna con il Leone di San Marco.
Alla fine del XVI secolo la Serenissima celebrò il proprio dominio edificando su progetto del bassanese Francesco Zamberlan il tempio della Beata Vergine del Soccorso, noto col nome di Rotonda, il cui interno è decorato con tele di elevato valore artistico e allegorico, raffiguranti i podestà veneziani che governarono su Rovigo fino agli anni 1660. Durante il XVIII secolo fu ampliato il duomo la cui facciata rimase incompiuta; l’edilizia privata produsse piccoli capolavori come il palazzo Roncale e il palazzo Angeli. In questo periodo il borgo S. Bortolo cominciò ad assumere una sua identità di quartiere fuori porta. Rovigo conservò la sua pianta pentagonale circondata dalle mura e attraversata dall’Adigetto (che nei secoli perse progressivamente di importanza).
All’inizio del XIX secolo, in seguito alla caduta della Repubblica di Venezia e all’instaurarsi della dominazione francese, Rovigo conobbe un rinnovato impulso sociale e culturale alla crescita e allo sviluppo. In piazza Maggiore si trovò finalmente il posto per una sede di prestigio all’Accademia dei Concordi. Venne demolita la storica chiesa di Santa Giustina e al suo posto nacque la piazza minore ora intitolata a Giuseppe Garibaldi; affacciandosi su questo nuovo spazio pubblico nacquero in seguito, durante la dominazione austriaca, il teatro Sociale e il palazzo della borsa commerciale. Vennero abbattute quattro delle sei porte di accesso alla città e le fosse furono trasformate in passeggi pubblici per promuovere lo sviluppo della città all’esterno delle mura estensi
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Giacomo Matteotti Consigliere Provinciale a Rovigo
La morte del fratello Matteo provocò un’acuta crisi in Giacomo Matteotti, crisi che lo indusse a ritirare la sua candidatura alle elezioni per il Consiglio Provinciale di Rovigo nel luglio del 1910 e a partire per un lungo soggiorno in Inghilterra, a Oxford, per completare i suoi studi giuridici.
Nonostante non avesse condotto la campagna elettorale, Giacomo Matteotti viene eletto al Consiglio Provinciale di Rovigo. Scrive ai suoi compagni di partito di voler rinunciare ad occupare la carica di consigliere, ma i compagni rifiutano. L’8 agosto 1910 viene nominato Consigliere Provinciale.
Nella successiva tornata elettorale del 1914 Matteotti viene rieletto consigliere provinciale ad Occhiobello. La prima seduta del Consiglio provinciale di Rovigo è infuocata per l’atteggiamento di intransigente neutralità nei confronti della guerra da parte del gruppo socialista, guidato da Giacomo Matteotti. È eletto presidente della deputazione provinciale ma si dimette subito perché, spiega, «con le forze con le quali è sorta questa amministrazione non potrò compiere il mio mandato». Il Consiglio viene immediatamente sciolto.
Viene eletto nel 1915 per la terza volta consigliere provinciale di Rovigo, sempre nel collegio di Occhiobello. Alla prima riunione Matteotti tiene una dura arringa contro tre consiglieri del blocco cattolico -liberale ritenendola loro elezione incompatibile coi loro incarichi nella Esattoria della provincia di Rovigo. Il consigliere cattolico Umberto Merlin, suo compagno di liceo, per tutta risposta ricorda però che Matteotti è fideiussore della Banca del Polesine per il servizio di esazione dei tributi nel comune di Badia Polesine, e quindi si trova nella stessa condizione dei tre inquisiti. Sia socialisti che cattolici presentano un ricorso contro l’elezione dei quattro consiglieri.
Nel giugno del 1916 le truppe austriache stanno scendendo verso Vicenza: il Consiglio provinciale di Rovigo invia un messaggio alla città in pericolo. Nell’occasione Giacomo Matteotti pronuncia un violento discorso antimilitarista: «A noi non importa che il nemico sia alle porte, siamo dei senza patria» dice, e agli avversari politici : «Siete degli assassini, dei barbari in confronto agli austriaci». Nell’aula piovono insulti, ne nasce un tafferuglio, la seduta viene sospesa. Il presidente chiede che le parole di Matteotti non siano messe a verbale perché inqualificabili. Il prefetto, presente in aula, chiede di arrestare il consigliere. La richiesta giunge al procuratore del Re, che però si rifiuta di arrestare Matteotti.
Le autorità militari però richiamano alle armi Matteotti, nonostante il diritto all’esenzione dal servizio per problemi di salute e per essere figlio unico di madre vedova, e lo mandano il più lontano possibile dal fronte, per impedirgli di continuare “nell’attività di sobillazione antibellicista”. Scrivono nella motivazione dell’allontanamento dalla città che essendo Rovigo «in Stato di guerra» è «assolutamente pericoloso» che questo «pervicace, violento agitatore, capace di nuocere in ogni momento agli interessi nazionali» continui a rimanere in una zona tanto delicata.
La pratica è stata aperta il 6 giugno, il giorno dopo il suo discorso sulla guerra. Lo mandano prima a Verona, poi a Cologna Veneta, infine a Messina, prima in città e poi a Campo Inglese, sulle montagne. Nell’agosto del 1916 la III sezione della Corte d’Appello di Venezia lo dichiara definitivamente decaduto dal suo incarico di consigliere provinciale dando ragione al ricorso dei cattolici per il suo doppio ruolo di esattore e consigliere.
Nel giugno 1920 il mandamento di Lendinara elegge nuovamente Giacomo Matteotti nel consiglio provinciale di Rovigo.
Documenti
Rovigo 1924
Sessione straordinaria del Consiglio Provinciale Rovigo dopo scomparsa Giacomo Matteotti 17 giugno 1924
Rovigo 1920
Schede biografiche Giacomo Matteotti – Prefettura di Rovigo.
Rovigo 1916-1920
Documentazione confino, controlli, schede carabinieri
Nomina di Giacomo Matteotti a Presidente della Deputazione e sua rinuncia
2 Ottobre 1914